Sospesi a metà - Racconto

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Crediti: kadege59

Il rettangolo di vetro nella parete catturò la sua attenzione. Oltre la finestra il suo sguardo si posò su di un cielo indeciso: nuvole scure tenevano in ostaggio un sole radioso.
Intorno a lei un costante e sommesso fruscio di pagine; persone intente a leggere, a scrivere, a studiare, a scambiarsi battute rigorosamente bisbigliate.
Decise che per quel giorno ne aveva avuto abbastanza: chiuse il libro e lo ripose nella borsa. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che le mancavano ancora alcuni capitoli da studiare, ma si rassicurò pensando che avrebbe rimediato l'indomani.
Quel pomeriggio preferiva non starsene rinchiusa in biblioteca; non le piaceva la sensazione di soffocamento che quel luogo le stava trasmettendo.
Si incamminò verso l'uscita, e si ritrovò fuori dall'università.
Incerta se tornare subito a casa o fare un giro per il centro. Si disse che lo avrebbe deciso sulla strada per la stazione.
Ogni mese c'erano delle pratiche da consegnare e quel mese il compito era stato delegato a lui. Non lo concepiva: perdere quasi un intero pomeriggio e il tutto più per il viaggio che per il lavoro. Saltare un paio di ore in ufficio poteva anche dirsi piacevole, non lo negava, ma ai suoi occhi era una magra consolazione paragonata all'obbligo di doversi spostare in treno: era sempre così affollato e alle volte doveva anche correre per riuscire a prenderlo in orario.
E naturalmente, pensava ora ironico, quel pomeriggio non sembrava fare eccezione: eccolo lì, sguardo sull'orologio, ad aspettare un autobus di cui non si vedeva alcuna traccia. Voleva prendere il treno delle 15.40: l'idea di perderlo non lo esaltava assolutamente, in particolare con quel cielo che minacciava un diluvio da un momento all'altro. Istintivamente sollevò lo sguardo: sopra di lui nuvole grigio scuro interrotte da taglienti raggi di sole. E dell'autobus ancora nessuna traccia.
Una piccola goccia di pioggia le cadde sul naso.
Tossì, un autobus le era passato accanto lasciando dietro di sé una nube di smog.
Grigi che si mescolavano tra loro: fumo, cielo, strade, case, sentimenti. Grigi dentro e grigi fuori.
Senza volerlo si ritrovò a vagare col pensiero a qualche mese prima, a quando ancora avrebbe potuto fare un passo in avanti.
Si ritrovò a desiderare di tornare indietro e di farlo, ma poi capì che, se anche quel salto all'indietro fosse stato possibile, molto probabilmente le cose non sarebbero andate in modo diverso.
Si chiese per quanto tempo si potesse rimanere in quella specie di limbo, proprio come il cielo di quel pomeriggio, sospesi a metà. Senza mai dare o ricevere una risposta.
Non per troppo, avrebbe dichiarato mesi prima. Ma poi la vita stessa l'aveva contraddetta: perché si potevano commettere degli sbagli, si poteva essere troppo orgogliosi, si poteva persino provare paura, e, sospirò, si poteva anche non sapere ciò che si stava provando.
Ma, prima di qualsiasi altra cosa, la vita le aveva mostrato che si doveva essere in due a decidere: lei non avrebbe mai potuto farlo per entrambi.
Una goccia le scivolò lungo la fronte riscotendola dai suoi pensieri. Senza quasi accorgersene era arrivata davanti alla stazione.
Attese il verde per attraversare il viale. Guardò l'orologio: aveva ormai perso il treno delle 15.40 e sperava ardentemente che quello successivo fosse già arrivato, voleva sedersi e rilassarsi attendendo la partenza.
Maledetto autobus e maledetto traffico! Scese sbuffando e si incamminò rassegnato verso l'atrio della stazione. Fu costretto a schivare alcuni viaggiatori indecisi sulla direzione da prendere e cercò stancamente l'indicazione del binario. Ormai aveva perso il treno delle 15.40, ma, si disse senza troppa convinzione, uno dei lati positivi nell'arrivare così tanto in anticipo per quello successivo era il trovare parecchi posti vuoti e non rischiare di dover rimanere in piedi.
Si avviò verso il treno. Un raggio di sole improvviso gli impedì per un istante di vedere chiaramente davanti a lui, ma subito fu oscurato nuovamente da una nuvola.
Guardò attraverso i finestrini. La riconobbe immediatamente.
Sapeva che anche lei lo aveva visto, ma preferì ignorare la cosa. Salì nello scompartimento successivo e si sedette nel primo posto libero che trovò. Non si aspettava di vederla, anche se sapeva che sarebbe potuto accadere.
Scacciò quei pensieri dalla testa: erano fastidiosi e, nonostante fossero passati alcuni mesi, provava ancora rabbia nel ripensarci.
Una lunga catena di incomprensioni e indecisioni li aveva allontanati sempre di più e sembrava quasi impossibile fare chiarezza in quella situazione. Forse fare finta di nulla era davvero la soluzione migliore. Il tempo si sarebbe portato via anche quell'amarezza.
Fu con sorpresa e con un attimo di esitazione che sentì quella voce farsi strada tra i suoi pensieri.
- Ciao! - si voltò e un sorriso incerto comparve sulle sue labbra: un altro sorriso incerto e uno sguardo colmo di attesa si erano formati, davanti a lui, su un viso familiare. Rispose al saluto senza quasi accorgersene e il sorriso perse un po' della sua incertezza.
Era un piccolo gesto, nulla più. Entrambi lo sapevano.
Un piccolo gesto che stava dicendo loro, nella sua estrema semplicità, che forse si poteva ancora rimediare, cercare di capire.
Conoscersi quel tanto per darsi una possibilità.
Il cielo sembrava aver smesso di indugiare. Un vento leggero aveva cominciato a soffiare, quelle nuvole ostili avrebbero lentamente lasciato il posto al sole.

Info autore

Scritto da Marta F., 2004
Il racconto appartiene alla sua legittima proprietaria, ed è stato pubblicato su Shiningarden per gentile concessione dell'autrice.
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