Il cuore dell'innamorato - Racconto

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Crediti: allthecolor

C’era una volta una bambina che sognava di conoscere il mondo che stava fuori dalle mura del suo piccolo villaggio. Era desiderosa di vedere nuovi orizzonti, e soprattutto voleva visitare la Grande Città. Aveva ascoltato racconti incredibili su di essa, e la sua immaginazione correva veloce chiedendosi quanto sarebbe stato interessante ed emozionante vivere in quel luogo così lontano e diverso. Ogni notte sognava, aspettava e sperava, quando finalmente un giorno preparò la valigia, salutò tutti i suoi amici e partì per il suo tanto atteso e desiderato viaggio.
Il giorno in cui si mise in cammino il sole splendeva alto nel cielo, e una leggera brezza rinfrescava l’aria calda di quella giornata d’estate. L’erba dei prati splendeva accarezzata dalla luce dei raggi del sole, e i rami degli alberi salutavano il suo passaggio, augurandole un buon viaggio verso la Grande Città.
Camminò e camminò e camminò. Superò dolci colline, attraversò ruscelli chiacchierini e vaste pianure, e infine arrivò al confine della Grande Città, con lo zaino sulle spalle e un sorriso radioso sulle labbra. Oltrepassò il confine con gioia e trepidazione, gli occhi spalancati pronti a cogliere ogni piccolo dettaglio, e armata di tanta curiosità cominciò la sua esplorazione.
Vide le cose più straordinarie e incredibili, cose che mai avrebbe immaginato potessero esistere. Giganti di metallo, buchi neri e profondi dai quali provenivano strani suoni, scritte e immagini dai colori brillanti, luci che si accendevano e si spegnevano, e poi migliaia di volti, gambe e mani che correvano in ogni dove, voci che gridavano, parlavano, sussurravano. Osservò incantata le figure disegnate nell’aria da braccia in movimento, i fiumi di parole che volavano nel vento, le onde e maree di vibrazioni che passavano da una persona all’altra.
Era spiazzata dalla costante confusione che vi regnava, dalla fretta con cui le persone si incontravano e discutevano. Gli abitanti della Grande Città si comportavano come se ci fosse sempre un altro posto in cui essere, qualcos’altro da dire, cercare o fare. Correvano di qua e di là, si scontravano senza nemmeno curarsi dell’altro. La bambina pensava che fossero strani individui.
Pensò al suo piccolo villaggio, alla gentilezza con cui i suoi abitanti la salutavano, alle lunghe chiacchierate seduti nel giardino di casa sorseggiando tè o limonata, ai sorrisi e alle premurose domande che le rivolgevano. Tuttavia non le mancava quella vita, e non aveva ancora deciso se la Grande Città le piaceva oppure no: era trascorso troppo poco tempo dal suo arrivo in quel luogo.
Un giorno stava attraversando un ponte sopra il Lungo Fiume. Stava ammirando le barche verdi e blu dirette verso lidi lontani – o così alla bambina piaceva pensare - e non vide une strana figura che correva nella sua direzione. Anche la strana figura non vide la bambina perché stava guardando con molta ansia tutto intorno a sé tranne che verso di lei. Fu così che la bambina e la strana figura si scontrarono.
“Oh, mi dispiace tantissimo!”, disse la figura misteriosa. Era tutta nera, aveva una grande testa tonda e braccia e gambe lunghe e sottili.
La bambina era ancora un po’ disorientata a causa dell’inaspettato scontro, e stava cercando di capire chi fosse quella strana figura. La osservò per un momento in silenzio e poi capì.
Una parola! Ma poteva davvero essere? La osservò con più attenzione: la testa era una O, il tronco una E, le braccia – irregolari – erano formate da una L e le gambe da una V capovolta. Non c’era ombra di dubbio, era una parola.
“Tutto a posto?”, chiese la parola.
“Sì, grazie”, rispose la bambina. “E tu, stai bene?”
“Sì… no… voglio dire…”, la parola sembrava incapace di finire la frase. Piccole lacrime le sgorgarono dagli occhi.
“Cosa c’è che non va?” Posso fare qualcosa per te?”, domandò la bambina, seriamente preoccupata per l’improvvisa espressione di disperazione che era comparsa sul viso della parola.
Semplici domande come quelle pronunciate dalla bambina furono sufficienti perché la parola iniziasse il racconto della sua storia. La parola si era perduta: aveva viaggiato a lungo – anche lei veniva da un paese lontano, proprio come la bambina – e portava un messaggio importante, ma proprio quando pensava di essere finalmente arrivata a destinazione si era persa nel labirinto di strade della Grande Città.
La bambina ascoltò il suo racconto con grande curiosità e interesse. Era davvero un problema grave e il messaggio doveva assolutamente essere recapitato! Provò a rassicurare la sconsolata parola, e disse che l’avrebbe aiutata a ritrovare la strada con molto piacere.
“La prima cosa che dobbiamo sapere è dove devi consegnare il messaggio, e poi possiamo cercare la strada giusta per arrivarci”, disse la bambina, sempre piena di risorse.
“Devo trovare il cuore di un innamorato”, rispose la parola.
“Ma come possiamo trovarlo? È una città enorme, piena di persone che corrono in ogni direzione!”
“Appena sentirò il suo battito lo riconoscerò. Ogni cuore ha un battito diverso, come il ritmo di una canzone. Ogni parola appartiene a un cuore, e ogni cuore aspetta l’arrivo della sua parola. Purtroppo non riesco a sentire il mio cuore in tutta questa confusione.”
“Come fai a sapere che il cuore che cerchi vive nella Grande Città?”
“Il giorno che sono nata ho sentito molto chiaramente il suo battito. Il vento mi aveva portato il suo suono, e proveniva da questo luogo. Ma man mano che il tempo passava il suono è diventato sempre più flebile, e adesso non riesco più a sentirlo. Ci sono troppi suoni, troppa confusione, e troppi battiti tutti insieme.”
La bambina riflettè per alcuni istanti su quello che le aveva raccontato la parola. Poi le prese la mano e disse:
“Ti prometto che troveremo il cuore che stai cercando.”
Camminarono insieme attraverso strade strette e lunghi viali, attraversarono ponti, si riposarono in deliziose piazze sedute su panchine in pietra all’ombra di alberi pensierosi. Ascoltarono le storie dei rami e delle foglie, il loro desiderio di limpidi cieli azzurri e ampi spazi, le storie degli uccelli che si riposavano duranti i loro voli sulla città, le storie delle pietre calpestate da piedi incuranti. Erano storie di gioia e desideri, tristezza e delusioni, speranze e amarezze. Ascoltarono attentamente ogni singolo suono della città e migliaia di battiti di cuori, ma senza trovare nessun indizio che le conducesse al cuore dell’innamorato.
“Non ti preoccupare, cara parola, troveremo l’innamorato e il suo cuore”, disse la bambina alla sua nuova amica.
La parola scoppiò di nuovo in lacrime: avevano cercato il cuore per tutto il giorno e ancora non l’avevano trovato. Stava perdendo le speranze, e nemmeno la gentilezza e l’ottimismo della bambina riuscivano a rassicurarla. Inoltre, stava calando la notte e nuvole nere e rigonfie minacciavano pioggia.
Plop.
Plop.
Le prime gocce caddero a terra, mescolandosi con le lacrime della parola. Un piccolo rivolo d’acqua si formò tra le pietre della strada.
“Che cosa faremo adesso?”, chiese la triste parola alla bambina.
“Aspetta, fammi prendere dallo zaino…”, la bambina rovistò nella sacca e tirò fuori un grande ombrello arancione.
“Ecco qui, non ci bagneremo con questo!”, e puntò l’ombrello verso il cielo.
Lo aprì e prese per mano la triste parola. La bambina era ancora sicura di riuscire a trovare il cuore dell’innamorato e qualche goccia di pioggia non l’avrebbe certo fatta desistere.
Plop. Plop.
Plop. Plop.
Le gocce di pioggia che cadevano sull’ombrello producevano una dolce musica. La bambina si fermò per un momento, catturata dal ritmo. Poi ebbe un’idea.
“Hai detto che ogni cuore ha un battito diverso e che appena lo sentirai riconoscerai il tuo cuore”, disse la bambina.
“Sì, esatto”, rispose la parola.
“Senti la musica della pioggia che cade sull’ombrello?”
“Sì, la sento. Ma…”
“La musica è dovunque. Forse il cuore che stai cercando si sente triste e disperato quanto te, ma sono sicura che batte ancora. Altrimenti sarebbe morto.”
“Morto? Oh no! Sono sicura che è ancora in vita!”
“Ascolta: si sta facendo notte e la Grande Città sta andando a dormire. Il silenzio ti aiuterà a trovare e sentire il battito del cuore. Prova a concentrarti sul suo ritmo. Il cuore ti sta chiamando. Chiamalo a tua volta, il cuore ti sentirà.”
La parola chiuse gli occhi e si concentrò sul suono del battito. Il viso assunse un’espressione seria e corrucciata, e piccole rughe le circondarono gli occhi. La parola si concentrò con energia e pensò con forza al suo cuore.
Il silenzio abbracciava la Grande Città, e anche la pioggia cominciò a cadere con meno intensità, come per facilitare il compito della parola. La bambina prese la parola per mano e la strinse forte, in un gesto di aiuto e supporto.
“Lo sento! Lo sento! Ho trovato il cuore!”, gridò all’improvviso la parola.
Abbracciò la bambina, felice per aver finalmente trovato il cuore dell’innamorato.
“In quale direzione dobbiamo andare adesso?”, chiese la bambina.
“Da quella parte”, rispose la parola, indicando la strada dritto davanti a loro.
Camminarono insieme sotto l’ombrello arancione, incuranti della pioggia e dell’oscurità. La parola adesso si sentiva più sicura: riusciva a sentire la musica dei battiti, stava compiendo la sua missione, avrebbe presto raggiunto l’innamorato e l’avrebbe reso felice.
Camminarono per circa mezz’ora, passarono per numerose strade sconosciute, seguendo il magico ritmo dei battiti. Arrivarono infine davanti a un’elegante casa antica, al numero 9 di Via del Fiume.
La casa aveva due piani e una facciata in pietra, e c’erano due grandi finestre ai lati. Aveva un cancello in ferro battuto e alcuni scalini conducevano alla porta d’ingresso, dipinta di rosso.
La bambina e la parola osservarono per un breve istante la casa, poi la parola fece un respiro profondo e si diresse verso la porta e bussò. Poco dopo, un uomo di mezza età aprì la porta.
Appena la parola vide l’uomo consegnò il suo messaggio.
“Ti amo”, sussurrò al cuore dell’uomo.
L’uomo si guardò intorno, sorpreso, poiché gli pareva di aver sentito una voce. Il suo cuore accelerò i battiti, rinvigorito e raggiante, e si sentì stranamente felice. Il pensiero volò alla sua amata moglie, che era partita per lavoro. Non la vedeva da quattro mesi e gli mancava terribilmente.
Guardò il cielo, e poi sussurrò a sua volta: “Ti amo anch’io”.
La bambina si era nascosta dietro il muro di cinta e aveva osservato la scena da lontano.
Vide la parola consegnare il suo messaggio d’amore, poi scomparire nell’aria, e il sorriso nascere sulle labbra dell’uomo.
Anche la bambina sorrise. Era giunto il tempo di tornare a casa, dalle persone che amava. Aveva visto abbastanza della Grande Città.

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Scritto da Marta F., 2008
Il racconto appartiene alla sua legittima proprietaria, ed è stato pubblicato su Shiningarden per gentile concessione dell'autrice.
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